21 febbraio, 2011

La rivolta! Mezzo mondo contro il potere...

Ultimamente, assistiamo a rivolte popolari contro i propri regimi in ogni parte del mondo... Le più note sono quelle in Tunisia, Egitto e, ultima da pochi giorni, in Libia... ma c'è mezzo mondo, che combatte per la propria libertà!!!!
Le rivolte sono cominciate alla fine del 2010, in Tunisia, quando alcune persone esasperate dalla povertà e dalle ingiustizie si sono date fuoco in piazza. In un mese e mezzo abbiamo assistito al crollo di due regimi trentennali, quello di Ben Ali in Tunisia e quello di Mubarak in Egitto, e un terzo ormai prossimo, ovvero quello di Gheddafi in Libia..

Ma la diffusione dei moti di protesta si è sparsa in molte altre nazioni... in ben altre tredici per la precisione. Ecco, quindi, paese per paese, cosa sta succedendo in Medio Oriente e in Nordafrica.

Libia: Le proteste sono iniziate mercoledì scorso (16 febbraio) nel cosiddetto “giorno della rabbia“, quando una grossa protesta si è svolta contro il regime di Mu’ammar Gheddafi, al potere da 41 anni. La repressione da parte delle forze dell’ordine è stata violentissima: da mercoledì a domenica sono state uccise almeno 250 persone, e i feriti sono centinaia. La maggior parte degli scontri si sono verificati a Bengasi, la seconda città del paese; alcuni testimoni oculari hanno dichiarato alla CNN che i manifestanti hanno preso il controllo della città. Ieri sera il figlio di Gheddafi ha parlato in tv per smentire le voci su una fuga di suo padre e avvisare la popolazione del rischio di una “guerra civile” se le rivolte nel paese continuassero. Nel frattempo le proteste sono arrivate a Tripoli: da stamattina il palazzo del governo è in fiamme. Notizie delle ultime ore, dicono che i militari di Gheddafi bombardano con i propri caccia, le popolazioni in rivolta...

Bahrein: Dopo giorni di proteste e una sanguinosa repressione, da qualche giorno l’atteggiamento del governo sembra più tranquillo e collaborativo. Sabato l’erede al trono Salman bin Hamad al-Khalifa ha deciso di rimuovere buona parte delle truppe che presidiavano piazza della Perla, il luogo di raccolta dei manifestanti, che in migliaia si sono accampati nuovamente nella piazza e hanno ripreso a dimostrare contro il governo.Domenica il principe Salman ha inoltre invitato al dialogo: sette gruppi di opposizione si sono incontrati per decidere il da farsi. Al momento migliaia di persone si trovano in Piazza della Perla. Chiedono, tra le altre cose, un’indagine sulla morte delle dieci persone uccise durante le proteste e che venga fatta chiarezza sulla scomparsa di centinaia di persone in seguito all’irruzione della polizia in Piazza della Perla lo scorso martedì mattina. Le proteste in Bahrein sono iniziate lunedì scorso. I manifestanti chiedono riforme democratiche e la trasformazione del regno in una monarchia costituzionale.

Iran: In molte città del paese sono riprese le proteste antigovernative e gli scontri tra manifestanti e forze di polizia. Sembra che domenica la polizia abbia sparato nuovamente sulla folla, uccidendo una persona a Teheran e ferendone molte altre. Nella città di Isfahan i manifestanti sono stati picchiati con bastoni, mentre in una piazza vicina si svolgeva una manifestazione pacifica sorvegliata dalle forze dell’ordine. La CNN riporta che domenica circa duecento persone si sono riunite nella piazza centrale della città per protestare contro il governo, ma sono state disperse dalle forze di sicurezza. Secondo alcuni testimoni le proteste sarebbero ancora più grandi di quelle che la scorsa settimana hanno portato alla morte di due persone. Gli scontri sono iniziati lo scorso lunedì, quando migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade di Teheran ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia e in Egitto.

Iraq: Ieri alcuni uomini a volto coperto hanno dato fuoco alla sede di  una televisione indipendente in Kurdistan. L’attacco è avvenuto mentre centinaia di persone manifestavano nella città di Sulaimaniya, nella regione curda dell’Iraq, in seguito agli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine nei giorni precedenti, che hanno causato un morto e 70 feriti. I manifestanti contestano il presidente del Kurdistan Massoud Barazani e il partito democratico del Kurdistan, che si trova al governo: chiedono la fine della corruzione, il miglioramento della qualità dei servizi di base, la costruzione di muove infrastrutture, e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Yemen: Le proteste sono iniziate il 27 gennaio ispirandosi esplicitamente a quanto accaduto in Tunisia. Migliaia di manifestanti hanno protestato nelle strade della capitale Sana’a contro il governo di Ali Abdullah Saleh, presidente del paese da oltre trent’anni. Dopo giorni di contestazioni, il presidente Saleh ha promesso ai manifestanti che non si sarebbe ricandidato nelle elezioni del 2013. Le proteste però non si sono placate, anzi gli oppositori del governo hanno continuato a protestare per chiedere le immediate dimissioni di Saleh. Da dieci giorni i manifestanti protestano senza sosta e spesso si sono verificati scontri piuttosto violenti tra sostenitori e oppositori del governo.

Algeria: A gennaio diverse centinaia di persone erano scese in piazza ad Algeri, protestando contro la repressione del governo, l’aumento dei prezzi e la disoccupazione. Nel tentativo di evitare un’ondata di protesta simile a quelle avvenute in Tunisia e in Egitto, il presidente Abdelaziz Bouteflika ha interrotto lo stato di emergenza in vigore nel paese da diciannove anni. La decisione non ha comunque placato i suoi oppositori che il giorno dopo le dimissioni del presidente egiziano Mubarak sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente algerino. I manifestanti erano qualche migliaio, le forze dell’ordine trentamila; sono state arrestate circa 400 persone. Una nuova manifestazione si è svolta la scorsa settimana ma il corteo è stato contenuto dalle forze dell’ordine e per ora non sembra aver ottenuto grossi risultati.

Gibuti: Migliaia di persone hanno protestato contro il governo venerdì scorso. Le forze dell’ordine hanno caricato la folla dopo il richiamo alla preghiera, sparando gas lacrimogeni contro i dimostranti. I movimenti di opposizione chiedono al presidente Ismail Omar Guelleh – la cui famiglia è al potere dal 1977 – di dimettersi prima delle elezioni che si terranno in aprile.

Egitto: A una settimana dalle dimissioni di Mubarak, gli oppositori del regime hanno festeggiato il “giorno della vittoria” con una grande manifestazione in piazza Tahrir, epicentro delle rivolte. Mubarak si è dimesso l’11 febbraio dopo 18 giorno di proteste ininterrotte. L’esercito è al potere da quel momento:  ha deciso di sciogliere il parlamento, sospendere la costituzione e indire una commissione con il compito di elaborare una nuova costituzione, che sarà sottoposta a referendum. L’esercito resterà al governo fino a settembre, quando dovrebbero tenersi nuove elezioni. Sabato i leader del G20 si sono incontrati a Parigi e si sono impegnati a sostenere i nuovi governi dell’Egitto e della Tunisia.

Giordania: Le contestazioni sono iniziate a gennaio, quando diverse migliaia di persone hanno protestato contro la povertà, la disoccupazione e l’ascesa dei prezzi dei beni di prima necessità. I manifestanti, guidati dai sindacati e dai partiti di sinistra, chiedono le dimissioni del governo guidato dal primo ministro Samir Rifai. Un’altra richiesta è l’annullamento del trattato di pace con Israele. A febbraio il re di Giordania ha sciolto il governo del paese in seguito alle proteste, e ha dato mandato a un ex generale dell’esercito di formare un nuovo governo.

Kuwait: I manifestanti chiedono maggiori diritti per le persone che risiedono da lungo tempo in Kuwait e che non hanno la cittadinanza. Si stima che nel paese circa 100mila persone si trovino in questa condizione. Nei giorni scorsi centinaia di persone sono scese in piazza per protestare; il corteo di manifestanti ha attaccato le forze dell’ordine, che hanno poi cercato di disperdere la folla con gas lacrimogeno.

Sudan: Le ragioni della protesta sono l’operato del partito del Congresso e l’aumento dei prezzi imposto dal governo. Il 30 e 31 gennaio si sono svolte delle manifestazioni a Khartum che sono state represse piuttosto duramente: diverse persone sono state arrestate e venti sono attualmente disperse. Il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale, ha detto oggi che alle prossime elezioni non si ricandiderà. Il paese sta affrontando il delicato percorso di secessione dal sud del paese, sancito da un referendum poche settimane fa, e da qualche settimana sono riprese le violenze al confine.

Siria: In Siria le manifestazioni antigovernative sono state disinnescate dal regime. I gruppi di opposizione avevano indetto per sabato 4 febbraio e domenica 5 una grande manifestazione di protesta, facendo un largo uso dei social network per mobilitare persone e risorse. L’avevano chiamato “il giorno della rabbia”. Le strade di Damasco erano piene di polizia e forze di sicurezza, specie nelle vicinanze del Parlamento, dove i manifestanti avrebbero dovuto riunirsi. Ma non è arrivato quasi nessuno, stando a quanto racconta l’Associated Press: tanto che a un certo punto persino gli agenti di polizia hanno lasciato le strade. In una rara intervista al Wall Street Journal il Bashar al-Assad ha detto che le proteste delle ultime settimane in Egitto, Tunisia e Yemen stanno accompagnando il Medio Oriente in una «nuova epoca» e che i leader dei paesi arabi devono prepararsi a essere più accomodanti rispetto alle esigenze politiche ed economiche dei propri cittadini.

Tunisia: Dopo settimane di proteste, il 14 gennaio il presidente Zine El Abidine Ben Ali ha sciolto il governo e lasciato il paese. Il premier Mohamed Ghannouchi ha preso temporaneamente il suo posto, assicurando che governerà nel rispetto della costituzione e in collaborazione con tutti i partiti. Ghannouchi ha formato ungoverno di unità nazionale e ha annunciato che le elezioni si terranno tra sei mesi. Le proteste sono inziate il 17 dicembre dopo che un giovane venditore ambulante si era dato fuoco per contestare il sequestro della sua merce: dopo di lui almeno altre cinque persone si sono date fuoco.

Palestina: Giovedì centinaia di palestinesi hanno protestato nella capitale Ramallah chiedendo ai leader di Fatah, Hamas, e delle altre fazioni politiche palestinesi di sanare i loro contrasti in vista delle elezioni municipali di settembre. In segno di solidarietà con le proteste in Egitto, a febbraio era stata organizzata una manifestazione a Gaza, repressa da Hamas.

Marocco: Ieri migliaia di persone sono scese nelle strade a Rabat chiedendo una nuova costituzione. I manifestanti hanno chiesto al governo nuovi posti di lavoro, una riforma scolastica, migliori servizi sanitari e lotta all’aumento del costo della vita. Secondo gli organizzatori della marcia i manifestanti erano circa 5000, mentre secondo la polizia erano meno di tremila. Molti indossavano bandiere tunisine o egiziane, e marciavano al grido di slogan come “la gente riufiuta una costituzione fatta per gli schiavi”, “abbasso il regime”. Poliziotti in uniforme si tenevano a distanza, ma varie testimonianze parlano di poliziotti in borghese infiltrati tra la folla e muniti di bloc notes. Le proteste non erano rivolte contro il re ma contro il primo ministro Abbas El Fassi.

14 febbraio, 2011

Il "Fenomeno" lascia... grazie di tutto!!

Non l'aveva fatto dopo l'infortunio del 12 aprile 2000, a Roma, durante la finale d'andata della Coppa Italia contro la Lazio, quando il ginocchio cedette e il tendine rotuleo del ginocchio destro si ruppe completamente.. E non lo fece neanche il 13 Febbraio 2008, quando nella partita di campionato contro il Livorno, Ronaldo subì un nuovo grave infortunio: la rottura del tendine rotuleo questa volta del ginocchio sinistro..  chiunque avrebbe lasciato.. chiunque tranne lui che, dopo un'altra lunghissima riabilitazione durata 13 mesi tornò in campo, con la casacca del Corinthians il 4 Marzo 2009.
I tifosi, gli intenditori di calcio, ma soprattutto gli interisti, lo ricordano per le sue giocate stellari della stagione 1997-98.. il suo anno migliore, quando dimostrò di essere uno dei migliori giocatori del calcio di sempre..
Arrivò a Milano nell'estate del 1997, quando Massimo Moratti riuscì ad assicurarsi le prestazioni dell'asso brasiliano pagando per intero la clausola di rescissione (48 miliardi di lire) al Barcellona. Il calciatore su subito accolto con grande entusiasmo dai tifosi. Nella stagione 97/98 (famosa per il fallo di Iuliano su Ronaldo in Juventus - Inter) l'Inter arrivò seconda in campionato, ma vinse la Coppa Uefa. A livello personale Ronaldo segnò 25 goal in campionato, e in quella stagione vinse il primo dei due Pallone d'oro che raccoglierà nella sua intera carriera sportiva.
Ma oggi, ha detto basta... Il "Fenomeno" Ronaldo Luís Nazário de Lima, che con le sue magie ha incantato una generazione intera di spettatori, ha tirato i remi in barca e ha annunciato oggi pomeriggio il suo addio al calcio: «Come potete immaginare - ha detto il Fenomeno in lacime - oggi sono qui per dirvi che chiudo la mia carriera di calciatore professionista. È stata bellissima, meravigliosa ed emozionante, con molte sconfitte ed altrettante vittorie. Sto anticipando la fine della mia carriera (inizialmente prevista per dicembre 2011) per alcune ragioni importanti . Tutti qui conoscono la sequenza dei miei infortuni, da quelli in Europa a quelli continui negli ultimi due anni, che mi hanno colpito da un lato all'altro del mio corpo, da una gamba all'altra e da un muscolo all'altro. Tutti i dolori che sento mi hanno fatto decidere di fermarmi in anticipo, e sento già nostalgia perfino dei ritiri».

   
Palmarès del Fenomeno:
  • Coppa del Brasile: 2
  • Coppa d'Olanda: 1
  • Supercoppa di Spagna: 2
  • Coppa di Spagna: 1
  • Campionato spagnolo: 1
  • Campionato Paulista: 1
  • Coppa delle Coppe: 1
  • Coppa UEFA: 1
  • Coppa Intercontinentale: 1
  • Campionato del mondo: 2
  • Bronzo olimpico: 1
  • Coppa America: 2
  • Confederations Cup: 1

L'altra faccia dei "150 anni"...

Quando mancano pochi giorni al 17 marzo e molti si interrogano se festeggiare i 150 anni per l'Unità d'Italia, c'è qualcuno che ricorda il 13 Febbraio 1861 come la fine dell'indipendenza del Sud.

Ma andiamo a ripercorrere le ultime fasi della dominazione compiuta da Garibaldi e dai Savoia sul Regno del Sud..

Il 7 Settembre 1860, quando Ga
ribaldi arriva a Napoli lasciando dietro di se le “conquiste” siciliane, il re Francesco II di Borbone, per risparmiare disordini e distruzioni alla capitale, lascia Napoli stabilendo la base operativa militare per l’ultima difesa del regno nella Piazzaforte di Gaeta. Ormai il suo esercito, indebolito dai tradimenti al soldo dei corruttori, può ben poco contro il fuoco delle truppe di Vittorio Emanuele II di Savoia capeggiate dal furioso generale Cialdini che si appresta a scippare il posto dei garibaldini e a raccogliere i frutti della strumentale spedizione al sud con l’ultima battaglia, la più sanguinosa: quello di Gaeta.
Si tratterà, come per la spedizione dei mille, di un attacco che violerà tutte le regole militari e diplomatiche internazionali, senza dichiarazione di guerra o un motivo che giustificasse l’intervento straniero in territorio autodeterminato. Un assedio estenuante che inizia sul fronte di terra il 5 novembre 1860 e durerà tre lunghissimi mesi durante i quali le truppe piemontesi mettono in campo i moderni cannoni rigati “Cavalli” a lunga gittata contro le ormai inadeguate bocche da fuoco dei napoletani. Vengono sparate contro la piazzaforte circa 500 colpi di cannone al giorno per tutto il tempo del conflitto, durante il quale il Re e la Regina Maria Sofia di Wittelsbach restano valorosamente sempre al fianco dei fedeli soldati, persino sul campo di battaglia tra le esplosioni dei colpi di cannone.. È proprio la regina ad avere un ruolo di grande spessore umano, ormai innamorata del suo popolo e del suo regno che non intende cedere all’invasore.
Inizialmente la presenza della flotta francese nel golfo impedisce a quella piemontese, rafforzata da unità napoletane i cui ufficiali sono passate al nemico, di cannoneggiare la costa. Ma, a Gennaio, Cavour da Torino convince Napoleone III a desistere dal “proteggere” i napoletani e da quel momento i bombardamenti si fanno insistenti.
Per l’esercito borbonico la battaglia é impari anche se non mancano valorosi scontri che alzano illusoriamente il morale; come quello del 22 gennaio 1861 allorchè i napoletani conseguono una parziale rivincita dopo aver subito l’8 Gennaio un bpmbardamento di dieci ore in cui vengono distrutti anche i quartieri civili. La flotta piemontese deve ritirarsi per i danni causati dagli colpi sparati dalla piazzaforte a ognuno dei quali corrisponde il grido “Viva o‘ Rre”. Alla sospensione dei bombardamenti la banda militare suona l’inno di Paisiello.
I reali napoletani sperano nell’intervento diplomatico di altre nazioni europee, magari quelle più amiche, che però non si concretizza lasciando lo schieramento napoletano sempre più in balia dello sconforto. La cancellazione delle Due Sicilie è in realtà già stata stabilita a tavolino dalle più potenti nazioni d’Europa che intendono spazzare via il più grande pericolo del mediterraneo: il connubio amichevole tra lo stato ricco e cattolico del sud e il potere temporale del Papa.
Giunge quindi il tempo delle trattative per risparmiare vite umane ma il generaleCialdini, uomo spietato e vanaglorioso, non solo non blandisce i bombardamenti ma li intensifica con maggior vigore, dirigendo le operazioni dalla sua comoda postazione nel borgo di Castellone a Mola di Gaeta, l’attuale Formia.
La capitolazione dei napoletani è inevitabile e l’11 febbraio Francesco II decide di interrompere la carneficina. La capitolazione viene sancita con una firma il 13 Febbraio che però non basta ad arrestare la sete di trionfo di Cialdini. Mentre i borbonici si apprestano a firmare la fine della resistenza e a deporre le armi, salta in aria la polveriera della Batteria “Transilvania” dove cade l’ultimo difensore di Gaeta, Carlo Giordano, un giovane di sedici anni fuggito dalla Scuola Militare della Nunziatella per difendere la sua Patria. È l’ultima vittima in ordine di tempo dei circa 2700 fedeli caduti a Gaeta che non avranno mai degna sepoltura. E poi 4000 feriti e 1500 dispersi.
Le popolazioni ovvero campani, siciliani, calabresi, lucani, pugliesi e abruzzesi falcidiati dai bombardamenti e dal tifo, in condizioni di vita rese impossibili anche da un inverno che è tra i più freddi di quel secolo, resistono fino allo spietato colpo di grazia di un generale considerato oggi uno dei padri della patria e che avrà dal Nuovo Re d’Italia Vittorio Emanuele II la nomina a Duca di Gaeta, città da lui rasa al suolo, e la medaglia al valore militare per i successivi eccidi di interi paesi del meridione.
Il Re Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia lasciano Gaeta il 14 febbraio imbarcandosi sulla corvetta francese “Mouette” che li porta a Civitavecchia in territorio pontificio laddove inizia il loro triste esilio. Vengono salutati con 21 colpi di salva reale della Batteria “Santa Maria” e con il triplice ammainarsi della bandiera borbonica dalla Torre d’Orlando, tra la commozione di quanti capiscono che la fine del Regno delle Due Sicilie é giunto. Al posto della bandiera bianca coi gigli viene issato il tricolore con lo stemma della dinastia Savoia a sancire la scrittura finale di una pagina cruenta cancellata dai testi scolastici ma sempre viva nella memoria del popolo napoletano che non dimentica una fine gloriosa e dignitosa di esempio ai posteri.
Nonostante gli accordi stipulati nell’armistizio, migliaia di fedeli soldati borbonici che non vogliono tradire il proprio giuramento al Re per sposare la causa militare piemontese vengono deportati al forte di Fenestrelle nella freddissima Val Chisone dove sono avviati a morte per stenti e sciolti nella calce viva in quello che viene definito il “lager dei Savoia”. Campi di concentramento anche a S. Maurizio Canavese, Alessandria, Genova, Savona, Bergamo, Milano, Parma, Modena, Bologna e in altre località settentrionali. A queste vittime si aggiungeranno nel decennio successivo quelle della repressione del brigantaggio, per un totale di circa un milione di morti su una popolazione delle Due Sicilie di circa nove milioni. Un vero e proprio genocidio che non trova alcun ricordo o commemorazione.
Qualche anno fa, a seguito di scavi per interventi urbanistici a Gaeta, sono state rinvenute testimonianze di quei giorni di terrore e sangue: scheletri, frammenti ossei, stracci di divise militari, bottoni e monete. Testimonianze del colpo di grazia dato al Regno napoletano mettendo in ginocchio la “fedelissima” Gaeta, detta anche“secondo Stato pontificio”, che pagò perché colpevole di aver ospitato undici anni prima Papa Pio IX in fuga dalla Repubblica Romana. La cittadina fu retrocessa da vicecapoluogo provinciale a cittadina di provincia per poi essere separata dalla sua storia e dalla provincia di Terra di Lavoro, regione storica del Regno delle Due Sicilie, assegnandola al Lazio nel 1927 nella nuova provincia di Latina.
Nella città è sempre viva la memoria di quei giorni e si rinnova il 13 e 14 Febbraio di ogni anno l’appuntamento con un convegno nazionale e una manifestazione commemorativa che quest’anno, in concomitanza con le celebrazioni dell’unità d’Italia, sono ancora più sentite da scrittori, artisti, storici e archivisti accomunati dal un meridionalismo che va oltre il muro della retorica che nasconde le verità sepolte della nostra storia.

E ora torno alla domanda iniziale... Meglio festeggiare i 150 anni dell'unità o ricordare e fare luce su tutti gli eventi scandalosi che hanno portato alla sottomissione del Regno del Sud da parte dei Savoia???

12 febbraio, 2011

L'occhio del satellite sulle discariche abusive..

Da oggi c'è un modo in più per combattere lo smaltimento di rifiuti, quasi sempre speciali, in discariche abisuve.. Il web!! O perlomeno i sistemi del web che sfruttano le immagini scattate dal sattellite..

E' proprio grazie a "Bing Maps", i, che carabinieri del Noe di Reggio Calabria hanno infatti inchiodato tre diverse aziende, riconducibili alla stessa persona, che smaltivano illecitamente rifiuti speciali nella vallata di Bovetto, parte sud di Reggio Calabria. Rifiuti speciali destinati a discariche regolari, ma che in realtà finivano in aree agricole per essere poi ricoperti da un sottile strato di terreno su cui venivano piantati degli ulivi. Un giro di almeno 850 tonnellate di materiale, costato agli organizzatori dell'imbroglio il sequestro di beni per un valore complessivo di sette milioni di euro..
Dalle foto satellitari gli investigatori si sono accorti che all'interno dell'area di proprietà della ditta Eko Mrf, i camion scaricavano materiale edile su un costone della collina. Successivamente quest'ultimi, hanno accertato che un'intera piccola vallata era stata riempita con materiale di scarto di lavori edili. Per nascondere la stessa discarica, secondo gli investigatori, l'amministratore della Eko Mrf, Bruno Martino, nel 2005 aveva presentato una dichiarazione di inizio attività di realizzazione di terrazzamenti per piantare un uliveto. Inoltre, secondo l'Agenzia regionale per lo sviluppo e per i servizi in agricoltura, la realizzazione della discarica aveva creato concreti rischi idrogeologici. Da un sopralluogo sull'area poi, i carabinieri hanno constatato l'affiorare in superficie di rifiuti speciali non pericolosi, scarti provenienti da demolizioni, parti di pilastri in cemento, reti plastiche impiegate sui cantieri, residui bituminosi e legnami. Rifiuti speciali insomma. Da qui la decisone di denunciare 22 persone che a vario titolo avrebbero partecipato al traffico e allo smaltimento illecito. E di sequestrare tre società: la Idroterm, la Iroterm srl e la Eko Mrf, oltre a 21 mezzi d'opera (camion e ruspe), conti correnti e altri beni facenti capo alle stesse aziende.

03 febbraio, 2011

Pagani Huayra, auto o astronave spaziale???

Ecco l'ultima nata della casa automobilistica modenese Pagani.. Il suo nome è Huayra, e se non fosse perché ho specificato quale sia il settore d'interesse di quest'ultima, si potrebbe benissimamente confonderla per un'astronave!!!!


Si, perché questa supercar che è una delle più estreme mai costruite è nata, dopo ben sette anni di studi, proprio dalla piccola azienda modenese che ormai maneggia lavorazioni e tecnologie spaziali come la Nasa. 
L'auto si presenta con una lunghezza di 460 cm, una larghezza di 204 cm ed un'altezza di 116 cm. Il suo design è interamente caratterizzato da forme affusolate che la rendono una sportiva al passo coi tempi, capace di attrarre l'attenzione dei più esigenti.

      
La carrozzeria molto aerodinamica della fabbrica di San Cesario sul Panaro, è formata da un mix di titanio e carbonio e, ciò che la rende altamente esclusiva, è la presenza delle porte ad ali di gabbiano e le appendici aerodinamiche mobili, poste sia sul cofano motore che nella coda al posto dell'alettone.

Per ciò che concerne la propulsione, la Huayra, è spinta da un 12 cilindri a V da 6 litri fornito da Mercedes-AMG e appositamente realizzato per questa supercar (caso unico al mondo di fornitura "esterna" di un motore Mercedes ad un'altra marca). Il potente Mercedes-AMG M158 V12 Bi-Turbo, ha una cilindrata di 5980cc, ed è capace di erogare una potenza pari a 700 cavalli (a 5.000 giri/minuto) e 1.099 Nm di coppia massima (a 3.500 giri/minuto). Il super propulsore è gestito da una nuova trasmissione sequenziale trasversale Xtrac a sette velocità (e a singola frizione) che trasferisce la potenza direttamente agli pneumatici posteriori, permettendo al bolide di raggiungere la velocità massima impressionante di circa 378 chilometri orari e di passare da zero a cento in 3,2 secondi.

Tali prestazioni della sportiva italiana avvengono anche nonostante i 1.372 chilogrammi per il 44% all'anteriore e per il restante 56% al posteriore... 


Il prezzo? per ora la Pagani non si sbilancia, ma questa macchina dei record probabilmente polverizzerà anche il primato del listino visto che dovrebbe essere commercializzata alla stratosferica cifra di 1,5 milioni di euro...
Dopo aver constatato i numeri, le forme e le prestazioni di questo bolide, io vi rimando al quesito iniziale... E' un'auto o un'a