08 novembre, 2006

Giuseppe Musolino detto "U briganti"

Giuseppe Musolino conosciuto come il re dell'Asprumunti, o meglio ancora come il Brigante Musolino nasce a Santo Stefano in Aspromonte, Reggio Calabria, 24 settembre 1876. 
Taglialegna di mestiere, nel 1897 viene coinvolto in una lite fra due compaesani per una partita di nocciole:Un certo Vincenzo Zoccali, amico della parte avversa nella questione della nocciole, il 29 Ottobre dello stesso anno viene ferito da un colpo di fucile in una stalla dove viene trovato il berretto di Musolino. Al processo nonostante le prove portate da Musolino resistettero le false testimonianze di Rocco Zoccali e Stefano Crea che affermarono di averlo sentito adirato per il bersaglio fallito.
Sempre proclamatosi innocente, giura vendetta in caso di evasione. Viene condotto nel carcere di Gerace (dove deve scontare 21 anni). Dopo due anni alle 3:30 del 9 Gennaio 1899 riesce a fuggire e inizia la sua vendetta. Si racconta che durante la galera Musolino abbia sognato San Giuseppe che gli indicò il punto in cui avrebbe dovuto scavare nella cella, e con facilità scappare insieme ai suoi compagni di carcere (Giuseppe SuraceAntonio Filastò e Antonio Saraceno).
Commette una serie di omicidi contro tutti quelli che l'hanno accusato e tradito, nascondendosi poi tra le montagne, nei boschi, e persino nei cimiteri, godendo dell'appoggio della gente del posto, sia contadini, caprari che gente benestante, che lo vede come simbolo della ingiustizia in cui la Calabria allora versava. Inizia la caccia al brigante, vengono imposte delle taglie, ma Musolino sfugge sempre alla cattura.
La sua notorietà in poco tempo si sparge in tutta Italia grazie alla stampa e pure i giornali stranieri iniziano a interessarsi della vicenda. La sua figura così diventa una sorta di leggenda, e le sue gesta divengono spunto per molte canzoni popolari (Si ritrova nelle canzoni di Otello Profazio, Dino Murolo e Natino Rappocciolo, Enzo Laface e in altri cantanti folcloristici calabresi...).
Nel 1901 Musolino decide di uscire dalla Calabria per andare a chiedere la grazia al Re Vittorio Emanuele III e perché comunque la situazione diventava difficile per lui, anche con i suoi appoggi. Ad Acqualagna in provincia di Urbino però, viene per caso catturato da due carabinieri ignari della sua identità, che riescono a raggiungerlo perché è inciampato in un fil di ferro, i loro nomi erano: l'appuntato Amerigo Feliziani da Baschi (TR) Umbria ed Antonio La Serra da San Ferdinando di Puglia, comandati dal brigadiere Antonio Mattei (padre di Enrico Mattei). Musolino infatti stava percorrendo una viottolo di campagna nella località di Farneto nelle vicinanze di Acqualagna alla vista dei due carabinieri, che si trovavano nella zona alla ricerca di alcuni banditi del luogo, improvvisamente cominciò a correre pensando che cercassero lui. Inciampando però con un fil di ferro di un filare di vite fu fermato. Divenne famosa la frase:"Chiddu chi non potta n'esercitu, potta nu filu"(Quello in cui ha fallito un esercito,è riuscito un filo).
Si stima che complessivamente la cattura del brigante sia costata al governo intorno al milione di lire; il costo più alto per la cattura di un brigante.
Davanti alla Corte d'Assise di Lucca. Musolino pronuncia questa autodifesa: "Se mi assolveste, il popolo sarà contento della mia libertà. Se mi condannaste, fareste una seconda ingiustizia come pigliare un altro Cristo e metterlo nel tempio. Eppoi, vedete, io non sono calabrese, ma di sangue nobile di un principe di Francia. Chi condannate? Un cadavere, perché io posso avere cinque o sei mesi di vita al più". Parole che diverrano celebri ma che comunque non gli evitano l'ergastolo al carcere di Portolongone e 8 anni in segregazione cellulare.
Solo nel 1933 un certo Giuseppe Travia, che era emigrato in America dopo l'evento iniziale di Santo Stefano, confessa di essere stato lui a sparare a Vincenzo Zoccali discolpando così definitivamente Musolino del primo delitto.
Resta in carcere fino al 1946, quando gli verrà riconosciuta l'infermità mentale, e poi portato al manicomio di Reggio Calabria, dove muore dieci anni dopo alle 10:30 del 22 Gennaio.
Omicidi e tentati omicidi: 
  • Angeloni - ferito
  • Alessio Chirico (guardia comunale) - omicidio
  • Stefano Crea - tentato omicidio
  • Carmine D'Agostino - omicidio
  • Francesco Fava (Sindaco di Bovalino) - tentato omicidio
  • Francesca Morabito - omicidio
  • Antonio Princi - omicidio
  • Stefano Romeo - tentato omicidio
  • Pasquale Saraceno - omicidio
  • Francesca Sigari (amante di Stefano Crea) - omicidio per errore
  • Stefano Zirilli (Consigliere comunale di Bovalino) - tentato omicidio
  • Stefano Zoccali (fratello di Vincenzo) - omicidio
  • Vincenzo Zoccali - tentato omicidio
Tutt'ora integro resta in Calabria il mito di Giuseppe Musolino, che anche attraverso il ricordo dei nonni e degli attuali cantanti folcloristici rivive.